Fine dell'austerità Europea?

Più volte, in questo blog, ho parlato dei due diversi approcci alla crisi affrontati dall'Occidente. Al di là dell'Atlantico, gli Stati Uniti hanno fin da subito seguito la strada dell'espansione monetaria, dell'allentamento fiscale (rientrato in parte solo con il Fiscal Cliff), del sostegno, ad ogni costo, della crescita. Passando per un forte aumento del deficit e del debito pubblico.
In Europa, invece, è stata scelta la strada dell'austerità: Fiscal Compact, limiti al disavanzo (3% del Pil su base annua), strette fiscali durissime.
Ebbene, da qualche settimana a questa parte sembra proprio che la stessa Europa si stia rendendo conto che la strada seguita fosse quella sbagliata, riconoscendo invece come valida quella americana. Da qui, preso atto che le strette fiscali comportano riduzioni molto forti della crescita (per ogni euro di recupero fiscale in sostanza si perde 1,5 euro di crescita), sta emergendo un comune pensiero, di cui anche la stessa Germania comincia a farne parte, secondo il quale per il biennio 2013-2014 sarà opportuno allentare i vincoli di bilancio e consentire una maggiore gradualità nell'assestamento dei conti pubblici.
Alcuni primi riscontri sono ad esempio il maggior tempo concesso alla Spagna per il rientro del suo deficit (due anni in più) e il mezzo punto di deficit concesso in più all'Italia per il pagamento dei crediti delle imprese private da parte della Pubblica Amministrazione.
Altro riscontro, questa volta prossimo venturo, dovrebbe essere il taglio del tasso ufficiale di sconto da parte della Banca Centrale Europea. Non è affatto improbabile che ciò accadrà fin da giovedì prossimo, con un taglio dello 0,5%.
Insomma, magari l'Europa non seguirà fino in fondo le fortissime politiche espansive attuate da Stati Uniti e Giappone, ma di certo sembra aver capito che di austerità, almeno per un paio d'anni, si può evitare di parlare.


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