Finanza Comportamentale: l'Overconfidence
Un altro bias che evidenzia la finanza comportamentale, dopo quello dell'istinto gregario di cui ho parlato diversi posts fa, è la cosiddetta overconfidence, e cioè un eccesso di fiducia nelle nostre conoscenze e capacità.
Se a partire dagli anni ’50 i modelli della finanza erano andati condensandosi in astrazioni dense di calcoli matematici, costruite attorno a degli agenti umani di cui si presupponeva la perfetta razionalità, con l’avvento della finanza comportamentale si sono fatti largo – per la prima volta – degli studi empirici da cui è stato possibile determinare come i nostri processi decisionali, in condizioni d’incertezza, siano popolati di sistematici errori.
Spesso, dunque, sbagliamo. E ciò accade perché le nostre informazioni sono incomplete e la nostra razionalità è influenzata dalle emozioni.
Tendiamo naturalmente a credere di sapere cose che invece non sappiamo affatto, e ad attribuirci competenze e capacità superiori a quelle di cui effettivamente disponiamo.
E' la “trappola della sicumera” o “baldanza cognitiva”, un difetto di giudizio in cui tendiamo sistematicamente a incorrere per overconfidence, o eccesso di fiducia in noi stessi.
Nel mondo degli investimenti la “baldanza cognitiva” è causa di una serie di problematiche che sono state sintetizzate essenzialmente in tre grandi aree di criticità.
1)L’eccesso di fiducia nella correttezza di una scelta di investimento spinge a ignorare le informazioni negative che dovrebbero normalmente fungere da segnali d’allarme. L’investitore overconfident, quindi, tende a soffermarsi solo sulle evidenze che confermano la bontà delle sue decisioni e a ignorare le evidenze contrarie. Così facendo, si espone al rischio di esiti negativi o persino catastrofici e viene meno al sacro principio dell'autocritica.
2) L’investitore overconfident trascura le risultanze del passato e tende sistematicamente a sottostimare i rischi presenti nei mercati. Le ricorrenti crisi lo colgono impreparato.
3) La generale tendenza a sottostimare il rischio si evidenzia anche a livello di portafoglio. L’investitore troppo fiducioso in se stesso non si prende in genere cura di mettere in atto un’adeguata diversificazione, con il risultato di concentrare troppo in determinati asset i suoi investimenti.
Nel 1993, due premi nobel per l'economia ed un grande gestore obbligazionario costituirono l' LTCM (sulla cui storia prima o poi scriverò un apposito post), l' "hedge fund dei geni", come venne ribattezzato. Per quattro anni ottennero performances eccezionali, con rendimenti medi del 40% e volatilità estremamente bassa.